7 ottobre 2011

My adventure is about to begin

Siccome questo blog è nato per scrivere di un'avventura, oggi ho preso una decisione: certe volte è giusto anche scrivere di giornate difficili.

Fatta questa premessa, racconterò di un capitombolo, praticamente dalle stelle alle stalle, che mi è capitato di fare proprio in questi giorni, ma lo farò non per lamentarmi o disperare, bensì perché questo fatto mi ha aperto una riflessione, una strada forse, di sicuro un'evoluzione del mio modo di concepire me stessa nel mondo. E così mi pare bello poterne scrivere. Quindi, pronti con la storia! Io la scrivo, sarà un po' lunga e capirò gli abbandoni lungo il percorso, ma sarò felice di essere arrivata in fondo a scriverla e, nel caso, di ricevere eventuali osservazioni, critiche, pensieri, incoraggiamenti in merito. (Soprattutto incoraggiamenti!)

Ceramica di Rob Ryan

L'avventura di cui parlo qui in generale è quella di una me che, dopo anni di tentennamenti, dubbi, pigrizie! (lo ammetto) e ribellioni più o meno conscie e più o meno proficue, decide di riprendere in mano la propria vita e di farne qualcos'altro. Come? Partendo da una separazione (affettiva, sentimentale, insomma dalla fine di una importante vita a due) e cercando forse per la prima volta di affrontare fino in fondo i lati positivi e negativi dell'aver preso una decisione difficile, che ça va sans dire, sono innumerevoli. Certo, non è che su un blog si possa snocciolare proprio tutto! Per questo motivo, il viaggio che descrivo solitamente è un viaggio più concreto, fatto di neo-pendolarismo, "ri-matricolismo" e di una nuova città, Venezia.
Ma camminar sull'acqua per me simboleggia anche una prova, il trovarmi su un terreno nuovo (si può chiamare terreno? l'acqua?) e se vogliamo non esattamente ideale per passeggiarci sopra, almeno usando l'andatura e le scarpe che fin qui avevo sempre usato.


e simili...



Il blog "A camminar sull'acqua" è uno spazio che contiene (prima di tutto per me) le fasi di questa prova.


Insomma: la mia vita quotidiana sta subendo dei grossi cambiamenti, pratici e non, che nella parte concreta consistono anche nel dover trovare due sistemazioni sostenibili economicamente, in due città diverse. Da qui un'estate fatta di visite costanti, anzi direi forsennate al sito Easystanza.it (consigliatissimo!) dove trovare una stanza a Venezia, ma anche a Milano, per lasciare ed affittare casa mia (che per me sola è troppo grande e costosa) e poter sostenere tutte queste belle imprese e belle spese.

Arriviamo ai giorni nostri, che mi sembra di scrivere un romanzo. Domenica scorsa, tra uno starnuto e l'altro, ho letto il messaggio di una vecchia amica, su Facebook, che cercava per conto terzi una coinquilina. L'annuncio era allettante per mille motivi! Prezzo buono, via perfetta per me (a pochi portoni dalla sede di Amani), sulla direzione del mio luogo di lavoro, coinquilini noti a qualcuno che conosco... insomma, fantastico!
Mi avvento sulla mia amica o, meglio, sul suo annuncio e prendo contatto con i due suoi colleghi in questione.
Le cose vanno molto bene, tanto che due giorni fa mi ritrovo in preda alla gioia a scrivere questo post.
Per chi non l'avesse letto, in breve avevo finalmente trovato casa e coinquilini ed ero felice, anzi direi entusiasta ed eccitata all'idea di aver scovato un altro tassello del mio nuovo mosaico.

Poi le cose, ecco, purtroppo non sono andate come speravo e questo post vuole essere anche, ma non solo, un tentativo di mea culpa.

Probabilmente, e per la prima volta ne faccio le spese, ho un modo troppo frettoloso di cercare le cose belle. Mi spiego meglio. A voi non càpita di volere talmente tanto che una cosa sia quella giusta da renderla perfetta nella vostra visione sorvolando su dettagli e particolari?
La mia amica Camilla penserà che non leggo i suoi post Zeldiani, i particolari sono importantissimi! E in realtà lo so. Ci sarebbe un capitolo da aprire (non lo aprirò! avrò pietà lo giuro!) sul mio amore per certe foto di dettagli che fa l'amico e fotografo Giulio Mazzi, ad esempio qui. MA quello che voglio dire è che quando è troppa la voglia che funzioni, che una persona sia La persona, che un vestito diventi la tua seconda pelle, che uno stupendo posto di lavoro sia Il Tuo Posto di lavoro, beh, a me succede di trichare un po'. Trichare dal verbo francese tricher, barare, quindi va letto con la "ch" che suona "sh", come facciamo io e la mia sorellina con parole francesi che italianizziamo per il puro amore di un'accezione leggggggermente diversa. Trichare, per me, non significa proprio barare, ma piuttosto illudersi un po', fare di un sogno la tua versione della realtà, sì sì va bene, ci arrivo, raccontarsela insomma.

E allora quella casa che in effetti era stupenda forse l'ho presa anche per tutto quello che avrei voluto che fosse. Così, l'accenno da parte della futura coinquilina alla possibilità di avere una delle due stanze grandi è diventata la mia bellissima e gigantissima stanza che mi avrebbe consentito di dormire nel mio letto (matrimoniale) e di portarci i mobili della casa che lascio; il fatto di avere dei genitori che mi hanno sempre aiutata, spesso prima ancora che glielo chiedessi, anche dal punto di vista economico, si è trasformato (contro la mia stessa "ribellione" . . .  a questo fatto) in una certezza adolescenziale, lo ammetto, di avere comunque le spalle coperte; dulcis in fundo, l'idea di poter affittare casa mia per coprirne le spese e potermi permettere di andare all'università è diventata la quasi certezza di riuscire ad affittare casa in tempi utili a risolvere un dettaglio, ovvero che la vita ha un costo e, poco romanticamente (argh!), anche i sogni e i progetti migliori.

Dove voglio arrivare?

Non è ch'io non mi renda conto che tutto questo potrebbe essere riassunto in un banalissimo "Welcome to reality, baby". Ne sono consapevole e so anche che spesso questa frase potrebbe tagliare corto su moltissime situazioni che mi rigurardano. Ma il punto è proprio questo: è vero-davvero che la realtà si riduce semplicemente a "tutto è più difficile e complicato e poco romantico e più menoso e disarmonico di come ce lo immaginiamo quando  è ancora un desiderio"? E a questo punto vorrei aggiungere un'altra domanda: Quand'è che non vale più la pena di speraresperaresperare, nell'accezione più bambinesca del termine, come quando si desiderava tantissimo di veder comparire Babbo Natale o il regalo più ambìto semplicemente chiudendo gli occhi fortissimo e affidandosi a pugni stretti alla buona stella / angelo custode / potere magico che da piccoli si è assolutamente certi di avere?


Insomma, dico a chiunque sia sopravvissuto fin qui a questo lunghissimo post, vorrei portare come prova a mio favore il fatto che non più di cinque mesi fa, seduta sul divano di casa della mia datrice di lavoro (nonché mamma del bambino che seguo a scuola - giusto perché si sappia che non vado a casa della Preside o del Presidente della Provincia di Milano, Dio me ne scampi!), dicevo cinque mesi fa stringevo i pugni e chiudevo forte gli occhi scegliendo il lunedì e il martedì come giorni da dedicare all'università e a Venezia, senza sapere assolutamente quando sarebbero stati i miei corsi.  E aveva, ancora una volta, fun-zio-nato!

Questo episodio dei giorni nostri, allora, finisce così: ho deciso, a malincuore ma certa della maturità della scelta, di non mandare avanti la fortuna. La mia personalissima buona stella ha già lavorato duramente per me, in trentatre anni. Due o tre volte mi ha anche salvato la vita! E allora mi sono detta che va bene, forse è giunto il momento di andare avanti io e prendere decisioni sagge. Non andrò a stare nella casa perfetta e aspetterò, come una persona matura, di avere affittato casa mia. Non chiederò aiuto, non azzarderò soltanto, non mi affiderò semplicemente alla mia fiducia un po' infantile e voglia di lieto fine. Sarà il caso di iniziare a crescere. Sarà il caso di iniziare a crescere? Comunque credo sia soltanto l'inizio, un buon inizio, che non esclude una piccola parte di sogno imperitura.



p.s. Grazie sempre a quella bellissima borsa di Mary Poppins che è Zelda, per avermi fatto conoscere Rob Ryan, da cui ho tratto il titolo di questo post e, perché no, di questo nuovo periodo. "My adventure is about to begin". Mi piace tradurla in due modi: la mia avventura sta per iniziare e la mia avventura riguarda "iniziare".

2 commenti:

  1. ancora una volta capisco MOLTO bene le tue parole. Sul blog non ne parlo perchè fa parte della mia "vita precedente", ma per anni ho vissuto una vita "differente", poi a causa di sclete azzardate e sbagliate mi son trovata a dover tornare in Italia col c..per terra (scusa il francesismo), senza un lavoro, senza un pezzo di carta e tornar a casa dai miei dopo 8 anni.
    ero a pezzi, poi pian pianino, giorno dopo giorno ho ricominciato a rimettere a posto i pezzi del puzzle, ho deciso di reiscrivermi all Università a 5 ore da casa, di fare un altro corso a Bologna nei week end, e al momento la mia vita è ripartita tra Trento (lun-ven pomeriggio) e Bologna (ven-dom). Vivo con altre 3 ragazze ( a Tn) e per una amante dei suoi spazi è stata una esperienza non indifferente...che però alla lunga mi sta sfibrando, a Bologna spesso mi ospitano amici... e la CASA...non c'è...vivo perennemente con la valigia in mano... sperando sempre che vada tutto bene e cercando di far quadrare i conti in un modo o nell'altro....a volte mi chiedo chi me l'abbia fatto fare a far tutto sto movimento (l'università Jackie da sola non ti bastava?) e la vita in questi 2 anni ha subito dei grandi cambiamenti..doversi reinventare, creare nuovi legami (cosa sempre più difficile), uscire dalla zona di comfort e crescere.... i giorni NO ci sono... ma spero sempre nei "segnali" che in modo o nell'altro mi fan andare avanti...

    ok, forse quel che ho scritto makes no sense... quindi in caso scusa il mio monologo senza capo ne coda :)

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  2. Che bello! Un commento lungo per un post lunghissimo.
    Innanzitutto grazie, Jackie, per aver preso coraggio arrivando fino in fondo a questo romanzo!Da quello che mi hai scritto e dagli scambi che abbiamo avuto fin qui, mi sembra di capire che siamo proprio sulla stessa barca, anche se tu hai navigato più a lungo! Capisco quando dici che a volte ti chiedi chi te l'abbia fatto fare ma credo che, alla fine, sia tu che io, se non avessimo sentito l'urgenza dentro di noi di dare una svolta alle nostre vite e se quest'urgenza non avesse un valore immenso non ce lo saremmo nemmeno sognate! Non credi? Certo che sì, se no di cosa staremmo parlando... :)
    Allora forza! Portiamo avanti questi sogni e guardiamo un po' alla meta e un po' al percorso, che con i suoi alti e bassi ci regala degli alti che altrimenti non avremmo mai incontrato. Compresi i compagni e le compagne di viaggio.
    (aspetto con ansia la carrambata, perché arriverà! oooooh, se arriverà!)

    bonne journée, chère Jackìe.

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